La cuoca ha parlato altre volte della sua nonna Tina, la mamma di suo padre, nata in un podere romagnolo, terzultima di otto sorelle. Una Sarti.
La nonna Tina era un tornado. Passava l’inverno al sud, nella casa accanto a quella della famiglia del figlio e al massimo ad aprile prendeva il treno per tornarsene nella sua casa nella campagna romagnola, facendo da sola a settant’anni un viaggio di seicento chilometri. Lì aveva le sue galline, i piccioni, la Gnina (la gatta che tornava ogni primavera), gli ulivi e qualche vite per qualche bottiglia di vino.
La cuoca era molto attaccata alla nonna: in estate le faceva dare da mangiare alle galline richiamandole con il “Piiiipipitaaa”, le faceva spazzare il pianello davanti casa, le faceva bere un goccetto di vino o di marsala di nascosto; d’inverno invece c’era la scuola e la cuoca non poteva aiutare la nonna a preparare il pranzo, ma sapeva che la domenica di sicuro avrebbe potuto stendere un pò la sfoglia, arrotolare i tortellini intorno al mignolo, posizionare il ripieno per fare i ravioli…
A volte, mentre pranzavano, la nonna diceva rivolgendosi alla cuoca: “Chissà se hai tanti compiti… devo fare un dolcetto e ho bisogno di qualcuno che mi aiuti” La cuoca non se lo faceva ripetere due volte, sapeva che se non si incantava sulle pagine avrebbe potuto fare il dolce. Andava da nonna e trovava il “Libriccino delle ricette” redatto con la sua grafia elegante leggermente inclinata verso sinistra, già aperto sulla spianatoia: da un lato aveva le ricette dolci dall’altro e salate. A volte sfornavano la ciambella di mandorle, altre volte la crema fritta, ma alla cuoca quella che piaceva di più era la torta all’arancia o come la chiamava la nonna Torta d’arancia. Era buonissima, sempre dolce, avrebbe potuto conservarsi per qualche giorno grazie allo sciroppo di arancia… ma non ha mai superato le 24 ore.
La GN delle torta da credenza del Calendario del Cibo, mi ha dato modo di tirare fuori questa ricetta (già pubbicata), ma soprattutto i ricordi della cuoca, molto attaccata alla nonna, mai abituata del tutto all’idea di non averla più.
INGREDIENTI
220gr di farina
220gr di burro fuso
220gr di zucchero
3 uova
succo e buccia di 1 arancio (possibilmente dei tarocchini)
½ bustina di lievito
2 cucchiai di estratto di vaniglia
1 pizzico di sale
Per lo sciroppo
Succo di due arance
50gr di zucchero a velo
PROCEDIMENTO
Mezz’ora prima di cominciare mettere in una ciotola il succo e le zeste dell’arancia, e l’estratto di vaniglia per circa una mezz’ora, coperti da pellicola.
Accendere il forno a 160°.
Fondere il burro e farlo raffreddare. In una capiente ciotola montare le uova con lo zucchero e la vaniglia fino ad avere un bel composto chiaro e spumoso.
A questo punto aggiungere il burro fuso e il succo dell’arancia (con le zeste, senza filtrare) e mescolare con una frusta a mano.
Unire la farina setacciate con il lievito ed il sale e mescolare delicatamente dal basso verso l’alto.
Versare il composto in una teglia 20cm diametro e infornare in forno già caldo a 160° per 30-40 minuti (fare la prova stecchino).
Far intiepidire il dolce nello stampo e poi girarlo delicatamente su una gratella.
A questo punto preparare lo sciroppo.
In un pentolino mettere il succo delle due arance e lo zucchero a velo e portare ad ebollizione a fuoco molto lento, fino ad ottenere una glassa vellutata.
Portare il dolce sul piatto da portata e punzecchiarlo con uno spiedo in modo da fare dei forellini da parte a parte.
Spennellare la glassa su tutto dolce avendo cura di farlo colare all’interno dei forellini.
Decorare a piacere
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